Il cantante è protagonista come coach al talent “Ora o mai più”, il format in onda il sabato sera su Rai 1, condotto da Marco Liorni
E’ tornato protagonista in una veste di coach, diversa da quella di cantante, ma il 2025 di Alex Britti è sicuramente partito per il verso giusto. Dopo che nell’ultimo anno è uscito il suo ultimo singolo “Uomini” e ha riempito le arene di mezza Italia grazie al suo tour di grande successo, il romano è stato il prescelto da Marco Liorni per il talent “Ora o mai più“, in onda il sabato sera su Rai 1. Il compito di Britti sarà quello di guidare gli artisti in cerca di riscatto, dispensando qualche consiglio e, se servisse, anche qualche strigliata.
A dir la verità il cantante non pensa di poter essere un “allenatore” dal pugno duro, bensì “l’amico più maturo che ti dà un paio di dritte al momento giusto”, come ha raccontato lo stesso Britti in un’intervista a La Stampa. Ma in realtà questo nuovo compito gli crea qualche difficoltà: “La verità è che questo nuovo ruolo mi imbarazza un po’: non devo guidare degli esordienti ma artisti che hanno comunque fatto un pezzo di storia della musica”. Per qualche tempo, però, si è preso una pausa volontaria, per stare più tempo con il figlio: “Nella coppia si ferma chi può farlo – ha ammesso – Diventare genitori è una figata: dentro di te scattano degli automatismi che non sapevi nemmeno di avere. Per esempio, ho scoperto di essere paziente. Prima se arrivava un pedalino nuovo per chitarra, avrei ucciso per giocarci subito. Oggi invece lo faccio dopo, perché la priorità è mio figlio: lascio volentieri i miei spazi a lui. Regalargli il mio tempo è bellissimo“.
L’infanzia di Alex Britti non è stata semplicissima, con il padre che soffriva di bipolarismo ma lui ora ha la forza di scherzarci su. “Sono stato un bambino fortunato avevo ben due padri, a seconda dei giorni. Battuta a parte, più che l’infanzia è stata complicata l’adolescenza. Il suo era un bipolarismo borderline, che è andato peggiorando con l’età. Non è un caso se, subito dopo il militare, sono andato a vivere da solo”. Una volta riscontrata la malattia il cantante ha fatto le visite per capire se potesse aver ereditato la sindrome e, fortunatamente, l’esito è stato negativo.
Non può mancare poi un passaggio su quello che è il suo mondo, ossia la musica. E il tema principale è quello legato alle parole usate dai trapper nelle loro canzoni: “Il punto non è educare i cantanti ma educare i ragazzi. Se i giovani parlassero un italiano corretto e sposassero alti ideali, anche i brani di successo sarebbero così”.
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